martedì 20 agosto 2013

La Torcia, di Marion Zimmer Bradley

La Torcia, di M. Z. Bradley





Negli anni del boom economico c'è stato un fiorire di autrici fantasy che hanno sdoganato un tema oggigiorno inflazionato e logoro, come tutti i temi nati con le migliori intenzioni: quello dell'eroina. In precedenza, il fantasy si rifaceva quasi al 100% ai cliché più classici della fiaba e dell'epica, e i personaggi femminili, quando c'erano, erano ridotti a poco più di comparse, o di obiettivi da raggiungere (la principessa da salvare, da conquistare), e le rare volte in cui una usciva dagli schemi, era per farle fare una brutta fine, o per regalarle il lieto fine, con marito e figli.
Marion Zimmer Bradley fa parte di quel filone di autrici che hanno portato alla ribalta i personaggi femminili, creando i modelli che oggi diamo per scontati, dalla guerriera, alla maga, alla ragazza ribelle che rifiuta il matrimonio imposto - e la spunta. Per noi sono cose scontate, ma all'epoca fu una mezza rivoluzione.
Anzi, oggigiorno ormai la principessa senza principe è di nuovo qualcosa di innovativo, perché nel 99,9999% dei fantasy, la maga/guerriera/quelchel'è, troverà l'amore, il supremo obiettivo, la realizzazione personale completa.
Ecco, dimentichiamoci questa cosa. Nel trentennio che va dagli anni Sessanta agli Ottanta circa, le principesse erano cazzute, guerriere, e preferibilmente senza principe, perché la rivoluzione femminista in atto esigeva che la principessa se la cavasse da sola, e se al principe andava bene, okay, se no quella è la porta. E 'quella è la porta' era, in genere, la scelta della protagonista.
In La torcia la Bradley rielabora il mito della guerra di Troia, dalla nascita dei gemelli Paride e Cassandra (sic), fino a molto dopo la caduta della città, con una Cassandra che, liberatasi da tutte le catene imposte, trova il suo posto nel mondo, nella miglior tradizione degli epiloghi fantasy.
La cosa è evidente fin nel prologo, dato che troviamo una Cassandra anziana, circondata dai nipotini, che cerca di spiegare la sua versione dei fatti a un viandante, senza riuscire a convincerlo. La maledizione di Apollo, profetizzare il vero e non essere mai creduta, la perseguiterà fin nella tomba.
Marion Z. Bradley ci mostra così una Ilio un bel po' diversa da quella omerica: la precedente società matriarcale è stata appena soppiantata dagli dèi del ferro, i Dori che hanno invaso il continente e che hanno imposto le loro usanze, sposando le regine e divenendo i sovrani dei domini che un tempo erano appannaggio femminile. Così Leda, regina di Sparta costretta a sposare Tindareo, si accoppierà con il di lui dio, Zeus, per generare la donna più bella del mondo, Elena. Negli stessi anni, a Troia, Ecuba è incinta di due gemelli, tra cui un maschio che gli dèi stessi l'avvertiranno essere la rovina per Troia. Così il principino Paride verrà affidato a un pastore, perché cresca lontano dalla città e non ne sia causa di distruzione, mentre la figlia che, in quanto femmina, conta 'na sega, può rimanere con la madre ed essere cresciuta da femmina, ovvero da essere che conta 'na sega.
Questo tema è ripetuto all'infinito in tutto il romanzo, in maniera continua, a tratti esasperante, anacronistica: non è credibile, nemmeno per un'eroina fuori dalle righe perché scelta dagli Dèi, contestare ogni singolo precetto con cui è stata educata, e una ragazza, anche se istruita, in una società omerica non può uscirsene con pensieri "nostra madre ci ha insegnato a usare la nostra testa (Ecuba? Ma se per tutto il libro non fa che cercare di tenere la figlia al suo posto!), ma poi si scandalizza se lo facciamo."
La ribellione di Cassandra è, in questo senso, poco credibile, un pamphlet femminista rimasticato; una protagonista sessantottina, prelevata di peso e buttata in una società in cui tutti tranne lei sembrano deficienti. Gli uomini sono degni di ammirazione solo quando la ascoltano e fanno propria la saggezza che lei elargisce loro; mostrano ottusità nell'ignorare i suoi avvertimenti o nel cercare di sedurla.
La guerra dei sessi è evidente anche nel dualismo Dei/Dee che pervade l'intera storia, e che, per la cronaca, è stato smentito.
Non è mai esistita una società matriarcale precedente a quella patriarcale, non sono mai esistite tribù che veneravano la Dea Madre Terra, soppiantata dagli Dei Del Ferro. Le divinità erano maschili e femminili, in maniera del tutto promiscua, fin dalla preistoria. La Bradley però si può scusare facilmente, visto che l'abbaglio della Dea Bianca è durato per decenni, e nell'ambito profano dura ancora. In ogni caso, lei ha scritto un romanzo, non un saggio, quindi va benissimo che abbia preso una premessa falsa, dato che l'ha rispettata fino alla fine, creando una storia coerente con se stessa.
Un romanzo da buttare via, quindi? Noia a palate, con Cassandra che cerca di far ragionare tutti e non ci riesce perché sono tutti citrulli tranne lei, unica in Troia a ricordarsi di suggerire di non sprecare orci, visto che i vasai combattono come gli altri, e se non possono fare i vasai, presto mancheranno i vasi?
Assolutamente no. Il romanzo è godibile, pieno di atmosfera, a tratti di poesia. Il modo che ha avuto la Bradley, di rendere 'realistica' la guerra divina, che invade e compenetra quella dei mortali, anche sul campo di battaglia, è di una rara eleganza. Non è un romanzo d'azione, sia chiaro: il punto forte della Bradley non sono mai stati i combattimenti campali e il dinamismo delle scene. È dentro, sotto la pelle, che si verificano le vere battaglie, quelle che all'autrice interessa descrivere - e che fa sì interessino anche al lettore.
La stessa Cassandra, malgrado cadute di stile non da poco (se ve lo state chiedendo: sì, tutti ci provano con lei, tutti i maschi attraenti, almeno), è perfettamente coerente nella sua 'follia', che altro non è se non la succitata guerra tra Dei e Dee, combattuta nel suo corpo. La poveretta è lucida, capisce tutto quello che succede, pure troppo; semplicemente, non ha i mezzi per impedire la catastrofe che sa imminente. Non è chiarissimo perché Apollo la punisca, va detto; d'altronde, nessuno le credeva nemmeno prima della famosa maledizione, quindi la continuity della storie ne risente poco.
E poi c'è Elena.
Elena da sola vale l'intero romanzo, poche storie. Colei che ha trasformato il nome di Troia in sinonimo di fanciulla di facili costumi, ne La Torcia si rivela un personaggio bellissimo, una donna combattiva, intelligente, una vittima di uomini e dèi nello stesso tempo, ma che non si perde mai d'animo. Elena, che in tutte le rivisitazioni della guerra di Troia è sempre stata ambigua, falsa, la femme fatale che porta gli uomini alla perdizione, qui mi risulta molto più credibile e verosimile. E il fatto che la Bradley si ricordi di citare il pedaggio imposto da Priamo, per il passaggio nello stretto, come causa reale della guerra di cui Elena è soltanto il pretesto, per me è un enorme punto a favore.
Ma dài, ma come si può seriamente credere che si sia combattuta una guerra durata dieci anni soltanto perché una tizia ha cambiato letto?
Splendide le descrizioni dei templi, dei culti, la Madre Serpente e il legame che Cassandra ha con questi animali, magnifica Pentesilea (anche se, naturalmente, il femminismo sessantottino in lei vede il picco massimo del romanzo) e deliziosa la razionalizzazione del mito dei centauri. Per come li ha narrati la Bradley, potrebbero essere davvero esistiti, e davvero avere avuto origine da quello stile di vita.
Odisseo è diverso dallo scaltro pirata che Omero ci ha mostrato, e si rivela un gran bel personaggio; Achille perde ogni fascino (è stato il mio amore al ginnasio, lo ammetto), per diventare una meno sexy ma sicuramente più realistica belva assetata di sangue, un pazzoide da abbattere; Ettore soffre un po' della schizofrenia dell'autrice, che non riesce a decidere se il principe troiano sia un uomo degno di ammirazione o un buzzurro senza cervello, propendendo però più per la prima scelta; Enea è un Gary Stue fatto e finito. D'altronde, sarà lui a smuovere finalmente il cuore algido della sacerdotessa/profetessa, non poteva essere diversamente.
La distruzione di Troia è traumatica, straziante, crudele. Euripide non avrebbe saputo fare di meglio, e nemmeno di peggio.
Clitennestra si riscatta alla grande dalla pessima fama che le è stata cucita addosso nei secoli, e per quanto mi riguarda, tra i personaggi femminili, vince lei.

In conclusione, per me è un libro da leggere? Sì, sicuramente sì. Per un semplicissimo motivo: i pregi superano i difetti.

Data della prima pubblicazione in Italia: 1987, Longanesi
Fuori catalogo: no, si trova tranquillamente in libreria